venerdì 25 aprile 2008

IL SOGNO NEL CASSETTO

Ore 19,45
Allora vediamo, la ragazza deve essere carina, giovane, dall’aria innocente. Che nome gli potrei dare? Vediamo un po’, forse Valentina. Si, Valentina era quella morettina che veniva a scuola a Ravenna. La vedevo tutte le mattine in corriera. Non ho mai provato neanche a parlargli. Eh, stavo già con …

“Allora vieni a mangiare, ti ho già chiamato tre volte. E poi dici che i tuoi figli non stanno a tavola quando è ora. Tu che esempio dai?”

Appunto, stavo dicendo che stavo già con mia moglie e guai se mi vedeva parlare con qualche ragazza. A quei tempi era gelosissima. Era anche molto, come dire, appiccicosa. Mi stava sempre attaccata e voleva che la baciassi davanti ai miei amici, per fare vedere a tutti che stavamo insieme. Così quando non c’era, era una presa per il culo unica.
Adesso invece la vado a cercare io, così quello appiccicoso sono diventato io. Ha sempre qualcosa da fare: devo cucinare, non sto bene, no ora non è il momento.
E quando me lo dicevano, non ci credevo. Coglione !


Ore 20,30
Allora dove ero rimasto? Ah, si, Valentina.
Valentina si trovava sul molo, il vento gli asciugava le lacrime che le rigavano il viso.
Ma che cosa rigavano? Neanche fosse stata una coltellata.
Valentina seduta sul molo con gli occhi chiusi, lasciava che il vento le portasse via, quelle lacrime amare che le solcavano il viso.
Uhm, meglio. Magari ci ritorno sopra più tardi.
Nella trasparenza delle sue palpebre vedeva i passanti attorno a se, sconosciute ombre del suo destino …

“Papà, papà. Mi stampi Scooby-Doo?”
“Si, Luca. Arrivo, un attimo.”

Ombre sconosciute nel suo destino …

“Papà, papà anch’io. Mi stampi Finley?”
“…Chi? Si, si arrivo Matteo, un attimo.”

Nel suo destino sconosciuto le ombre passanti …

“Ma che ca… sto scrivendo?”
“Che cosa hai detto papà? Cacca?”
“No … ho detto … che ca … catastrofe.”
“Che cosa?”
“Niente, niente. Una catastrofe naturale, un grosso temporale che è venuto in un paese lontano da qui. Che cos’è che dovete stampare?”


Ore 22,30
Ok finalmente solo. Ripartiamo.
Valentina seduta sul molo con gli occhi chiusi, lasciava che il vento le portasse via, quelle lacrime amare che le solcavano il viso. Nella trasparenza delle sue palpebre vedeva i passanti attorno a se, sconosciute ombre del suo destino, ignari testimoni del suo dolore.
Strinse gli occhi, sperando che il tempo corresse impazzito verso il giorno in cui tutto sarebbe finito. Il pensiero che non avrebbe più lasciato quel molo, cominciò a farsi reale nella sua mente.
Fece per alzarsi …

“Io vado a letto. Vieni?”
“Eh?”
“Io mi vado a letto.Vieni?”
“Si, si. Arrivo subito.”
“Vieni però, non fare come tutte le volte che ti aspetto e arrivi dopo due ore. Poi ti lamenti che ti sfuggo e che non stiamo mai insieme.”
“Ok tranquilla. Arrivo subito.”

Valentina seduta sul molo con gli occhi chiusi, lasciava che il vento le portasse via, quelle lacrime amare che le solcavano il viso. Nella trasparenza delle sue palpebre vedeva i passanti attorno a se, sconosciute ombre del suo destino, ignari testimoni del suo dolore.
Strinse gli occhi, sperando che il tempo corresse impazzito verso il giorno in cui tutto sarebbe finito. Il pensiero che non avrebbe più lasciato quel molo, cominciò a farsi reale nella sua mente.
Si alzò e si buttò nel canale, sicura che sposarsi sarebbe stato sicuramente peggio.

“E buona notte.”

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